Il carnevale è una festa molto sentita nel territorio piceno. Vissuto addirittura in modo viscerale e spesso con una precisa ritualità, diversa a seconda della città o del paese in cui si svolge. Da sempre osteggiato dalla chiesa, le feste carnevalesche portano con sé una forte connotazione pagana, ma non poteva essere diversamente se pensiamo che esse derivano dai Saturnali: un periodo in cui il popolo romano cadeva volontariamente in una sfrenata euforia collettiva al fine di propiziarsi la protezione del re Saturno che aveva regnato nella favolosa età dell’oro. 

Negli anni il carnevale è stato spesso una buona valvola di sfogo delle popolazioni meno abbiette e più sofferenti. Era infatti un momento in cui le differenze sociali avevano meno peso e per certi versi potevano essere superate senza problemi con una battuta o addirittura con lo scherno. In tal senso molto sentito e pieno di colori gioia e irriverenza verso tutto e tutti è il carnevale ascolano in cui, la parte più caratteristica è garantita delle “macchiette ascolane”, che solitamente escono la domenica mattina, veri e propri artisti della risata. Nel pomeriggio della domenica e del martedì di carnevale si esibiscono invece i gruppi mascherati oggi sempre più organizzati e esilarati nella gestualità e nel dialetto ascolano. 

Altro carnevale storico molto sentito è quello di Offida che, vede la sua massima celebrazione nelle due feste principali: Lu bove fint e Li Vlurd. Due momenti differenti e molto diversi fra loro: il bove un tempo vero, oggi finto, veniva fino al 1861 donato dai ricchi del paese alla popolazione che, in una rincorsa forsennata cercava di bloccare e poi uccidere l’animale su una delle colonne della piazza. In quell’occasione i paesani aprivano le proprie case e in segno di ospitalità e condivisione si mangiava e beveva insieme. Ancora oggi è così. Li Vlurd sono dei fasci di canne imbottiti di paglia, di lunghezza variabile, che vengono accesi e portati a spalla e in processione da centinaia di uomini, donne e ragazzi che, mascherati con i guazzarò, sfilano lungo le vie del paese la sera del martedì grasso. Arrivati nella piazza centrale tutti i fasci di canne vengono lanciati in un grande falò attorno al quale tutti ballano. Questa che sembra una cerimonia di purificazione ricorda un’altra festa storica che ogni anno vivacizza un borgo non molto distante da Offida.

Nell’ultimo giorno di Carnevale, infatti, a Castignano i protagonisti sono lì moccule, lampioncini artigianali composti da una canna e una lanterna romboidale da 4 a 6 facce. La lucerna, rivestita con della carta velina colorata, custodisce al suo interno una candela che viene accesa pochi istanti prima della processione. Al grido “Fora fora lì moccule!” le persone si uniscono al corteo per attraversare tutte le vie del paese. Per descrivere l’incanto che suscita questa sorta di rituale teso a “esorcizzare i malanni dell’anno passato e propiziare la fortuna per il futuro”, affidiamoci alle sentite parole della Proloco castignanese: “La processione avviene a luci spente, senza illuminazione pubblica. L’affascinante e variopinto fiume di lumini colorati diventa un torrente di voci, colori e allegria che proietta tutti in un mondo antico e fantastico. In un crescendo suggestivo, la manifestazione culmina in Piazza San Pietro per la tradizionale battaglia, da cui scaturisce il falò purificatore. Lo spegnersi del fuoco e la spettacolarità dei giochi pirici segnano la fine del Carnevale e l’inizio della Quaresima”. Sulla base di alcune fonti storiche una sfilata parecchio simile si teneva già nella Roma settecentesca, ma questa purtroppo scomparve con l’Unità d’Italia.