Nel centro storico di Ascoli Piceno è ancora possibile osservare quelle che un tempo venivano definite le porte del morto. Nel Medioevo, secondo una diffusa credenza popolare, la bara del defunto non poteva varcare l’uscio di casa poiché non era considerato di buon auspicio. Vita e morte non dovevano sovrapporsi in alcun modo ed è per questo che accanto alla porta usata abitualmente, ne veniva ricavata un’altra stretta e lunga, appena rialzata rispetto al piano calpestabile. Nel secondo capitolo dei I Fioretti di Santa Chiara si legge: “Le due porte, vicinissime tra loro, non stavano in simmetria sulla facciata, perché diverse di forma e di livello. Per uscire della porta maggiore, bastava fare un passo. Per uscire dalla porta minore, occorreva fare un salto”. Questa inoltre, fatta eccezione per il giorno del funerale, doveva rimanere chiusa. “Si apriva soltanto per far passare la bara di chi usciva, piedi in avanti, dalla casa, per non farvi più ritorno. (…) Non solo dunque la porticina veniva solidamente sprangata, ma tra un funerale e l’altro vi si accumulava contro ogni sorta di materiale”. In alcuni casi veniva addirittura murata per impedire alla Morte di accedervi con la sua falce letale. Se, tuttavia, escludiamo queste forme di superstizione, quasi certamente tali aperture avevano un uso ben diverso. Secondo alcuni studiosi mediante le porte più ampie si accedeva alla bottega che in genere si trovava al pianterreno, mentre la porticina accanto non era altro che l’ingresso all’abitazione che si estendeva lungo il piano superiore.